Confesso che sono in difficoltà a capire come io possa trovarmi in dissenso, nel merito del voto referendario, con persone che stimo e apprezzo, e a cui mi sento riconoscente per le cose che da loro ho imparato e che continuerò a imparare nel futuro, qualunque sia l’esito del referendum.

Il primo sostenitore del Sì è un capo del Governo che non ha mai citato la Costituzione nell’ultima legge quadro sulla “buona scuola”; e che, per accelerare il processo legislativo, legato all’immissione in ruolo dei docenti, ha posto la fiducia, impedendo di fatto la discussione in Senato di un emendamento che avevo suggerito, e che era stato firmato dai senatori Corsini, Gotor e altri, della cosiddetta minoranza. Questo per dire che non sono entusiasta di tutto ciò che fa questo dinamico governo, e del modo con cui fa e motiva certe scelte. Aggiungo che il libro che ho scritto per gli studenti, col collega Porcarelli (Nella nostra società, Cittadinanza e Costituzione, SEI, Torino 2012), è una sorta di guida a capire e apprezzare la Costituzione che c’è, anche se ho precisato che si tratta pur sempre un prodotto storico, pensato e concordato in un clima eccezionale, come scrisse Dossetti, che chiedeva giustamente ai giovani di considerarla “compagna di viaggio”.

E’ per non perdere la sua compagnia, in una società mutata, che lavorammo anni, con commissioni nominate da diversi ministri e col parere favorevole del Consiglio nazionale della PI, per ottenere la direttiva Lombardi e poi la legge Gelmini su Cittadinanza e Costituzione.

In sede politica però si è addirittura arretrati rispetto all’educazione civica di Aldo Moro (1958). Il “consenso più ampio possibile”, almeno per la Carta fondativa, resta un obiettivo importante, ma non può diventare un pretesto per rinunciare anche alle maggioranze previste dall’art. 138. Le maggioranze si costruiscono col metodo indicato dal giovane partigiano Giacomo Ulivi, fucilato a Modena nel 1944 (“dovete convincervi e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare“)”. I tempi per l’educazione e la maturazione sono però lunghi e incerti. Se i frutti non vengono, si perde, talora tragicamente, e si deve “ricostruire tutto daccapo”. Si può sbagliare nel fare o nel non fare certe regole per il funzionamento della democrazia. L’Europa, per esempio, è debole perché non è riuscita finora a decidere di votare certi temi a maggioranza. Chiunque può bloccare certe importanti decisioni o andarsene dall’Unione.

Le regole non sono la sostanza, ma possono aiutare le persone a trovare una via d’uscita democratica, benché non soddisfacente quanto si vorrebbe, quando non si riesca a “sortirne insieme” come voleva don Milani.

Quanto alla Costituzione, si tratta di un faro prezioso di principi e di valori e di un complesso di regole utili a realizzare questi valori, non di una gabbia fatta per impedire a una società complessa di muoversi. Secondo la rivista Aggiornamenti Sociali, proprio l’interesse a conservare una “casa comune” richiede che si faccia una scelta di “manutenzione” del testo votato nel 1947, e più volte modificato, accettando anche modifiche non sempre felici, come quelle votate dal Parlamento il 12.4.2016, dopo anni di tentativi falliti.

Manutenzione non è manomissione, ma tentativo di rimettere in moto la macchina. Non per tradire la Costituzione, ma per trasmetterla viva e bisognosa di altre cure ai giovani d’oggi e di domani.

 Luciano Corradini

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