Gli studenti sono tornati in piazza inalberando cartelli e striscioni e hanno ripreso a occupare le scuole. C’è chi si rallegra e chi si preoccupa, nell’un caso e nell’altro con buone ragioni. La condizione giovanile nella scuola è da sempre caratterizzata da potenzialità e incertezze, da silenzi imbarazzanti o da contrapposizioni rumorose, di cui non sempre sono chiari i motivi profondi e quelli dichiarati. Occorre in ogni caso uno sforzo sincero e prolungato di comprensione della complessità delle situazioni sociali, personali, relazionali, normative in cui i giovani intendono manifestare il loro disagio, le loro richieste, la loro volontà di entrare in dialogo con coloro che prendono decisioni che li riguardano, nel prossimo e nel più lontano futuro.
Gli insegnanti, i genitori, i titolari dei poteri decisionali di cui i giovani hanno spesso conoscenze vaghe e imprecise, hanno un dovere di ascolto, di leale collaborazione per facilitare la comprensione dei problemi, dei ruoli, delle possibilità di migliorare le situazioni e non di complicarle.
Il fatto di cronaca più recente e drammatico è stato diffuso domenica 13/02, con l’inchiesta televisiva condotta dal programma della 7 fra gli studenti dell’istituto Valentini-Maiorana di Castrolibero (CS), che da una decina di giorni occupano la scuola.
Lo scopo degli studenti, nobile e sconcertante, è quello di ottenere risposte dalle istituzioni, a cominciare dalla preside dell’Istituto, in merito alle ripetute “molestie” che da tempo un professore della scuola rivolge alle studentesse. Questa preside non ha neppure accettato il dialogo con gli studenti e con i giornalisti.
I giovani e le ragazze che hanno denunciato la situazione, raccogliendo firme sui social e con una lotta appoggiata da qualche genitore e da qualche docente, si sono espressi con coraggio e chiarezza dinanzi alle telecamere. In attesa che le autorità competenti intervengano a chiarire le responsabilità, questa protesta giovanile è apparsa come una tenace lotta per la verità e per la dignità delle persone e dell’istituzione scuola, sullo sfondo di una per ora evidente omertà mafiosa.
Diversa e più complessa e articolata è la protesta che ormai a lungo si protrae, con una pubblica volontà di dialogo alla pari con le istituzioni, ma con rivendicazioni sinceramente deboli. Si dà un rilievo sproporzionato, per il tempo sottratto allo studio e per le lotte innescate, a cui la polizia ha risposto in modo altrettanto sproporzionato, alla paura per l’imminente esame di maturità con due prove scritte, dopo due anni consecutivi in cui l’esame era stato ridotto ad una sola prova orale.
Dopo un colloquio di chiarimento con cui il Ministro Bianchi ha accolto una delegazione di studenti, non è il caso di continuare una lotta che potrebbe avere effetti controproducenti, nel senso che ridurrebbe non solo il valore del curriculum degli studenti per la prosecuzione dei loro studi e per l’accesso alle professioni, ma vanificherebbe un’ultima occasione di misurarsi con prove scritte, di cui si nutre la capacità di argomentare, di riassumere e di farsi correttamente comprendere.
Se poi si pensa alla ricchezza dei temi proposti dalla legge 92/2019 sull’educazione civica, concentrati in modo denso ed esemplare nel discorso con cui il presidente Mattarella ha accettato dal Parlamento in seduta plenaria il suo secondo mandato settennale, si potrà notare che i giovani, opportunamente consigliati dai docenti, avrebbero potuto almeno affacciarsi sulle questioni che sono oggetto del Next Generation Eu, e che la cronaca ci mostra ora in modo drammatico.
E’ notizia di ieri la riunione d’insediamento on line da parte del Ministro Bianchi, del Gruppo di esperti e del Comitato tecnico scientifico ai quali è stato affidato il compito di accompagnare l’attuazione della legge 92 che ha introdotto l’insegnamento dell’educazione civica dalla scuola dell’infanzia e per tutti i cicli di istruzione. Le parole dette dal Ministro e la qualità delle persone impegnate a sciogliere alcuni nodi amministrativi, culturali e pedagogici costituiscono un segnale importante perché si prenda sul serio la stagione in cui la scuola sta entrando con molte difficoltà e con qualche speranza di “sortirne insieme”.

Luciano Corradini

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