Il discorso sull’Europa diventerà sempre più presente nel dibattito sui social e sui mass media dei prossimi mesi. C’è da rallegrarsene, perché l’appuntamento elettorale del maggio 2019, per il rinnovo del Parlamento europeo, eletto per la prima volta direttamente dal popolo europeo nel 1979, può rappresentare una svolta importante per il destino non solo politico, istituzionale, economico, ma anche sociale e culturale, dell’Europa e dei singoli popoli che la costituiscono.
Non basta però solo moltiplicare i dibattiti, aumentare il numero dei votanti e alzare i toni, se non ci si rende contro della complessità di un processo storico e di un percorso a ostacoli, che può portare alla rivitalizzazione o alla disgregazione delle istituzioni europee.
Di fronte a un bivio non si  può immaginare che tutti scelgano la stessa strada: si tratta piuttosto di cercare di capire anche le ragioni degli altri, di discutere e di decidere il più democraticamente e consensualmente possibile, ma sulla base di informazioni non ricavabili solo dalla legittima, ma talora fuorviante propaganda.
Come diceva don Milani, “occorre intendere gli altri e farsi intendere”. E anche: “Sortirne da soli è l’avarizia, sortirne insieme è la politica”. Il che richiede anche di informarsi e di informare gli altri.
La politica buona non si rassegna all’immobilismo, né alla criminalizzazione di tutte le idee diverse dalle proprie; e non si lascia trascinare in conflitti fra “sovrani” che sfocino in una terza guerra mondiale, sperando di salvarsi con una vittoria. Cerca invece di costruire istituzioni che rendano la convivenza il più possibile governabile, con quel tanto di libertà e di solidarietà, di rispetto delle tradizioni culturali dei singoli popoli e di rispetto delle regole comuni che consentano  di conservare “la pace fra le Nazioni (art 10 Cost).
Le posizioni europeiste cercano di minimizzare gli svantaggi che la convivenza di 27 stati comporta, sottolineandone i vantaggi e cercando di convincere tutti su quei cambiamenti istituzionali e su quelle decisioni che rendano possibile la realizzazione del progetto a lungo termine della Federazione a cui miravano i Padri fondatori.
Le posizioni populiste, sovraniste, nazionaliste minimizzano invece i vantaggi dell’unione e i costi della mancata unione, immaginando di volare assai più liberi e spediti senza render conto agli altri partner, contitolari di una autorità sovranazionale.
La cosiddetta saggezza popolare ha formulato due proverbi contraddittori: “L’unione fa la forza” e “chi fa da sé fa per tre”. In contesti e in condizioni diverse, tutti hanno qualche ragione.
Trattandosi dell’Italia e dell’Europa, occorre capire meglio i problemi che si devono/possono affrontare insieme e quelli che si devono/possono affrontare da soli.

Luciano Corradini

 

 

 

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