Anche questa primavera ci riporterà alla mente, attraverso mass media e commemorazioni, le vicende della Resistenza, della fine della guerra (25 aprile), del referendum repubblicano, della Costituente (2 giugno), dell’avvio delle istituzioni dell’Europa unita (9 maggio). Anche se la Costituzione non fosse la più bella del mondo, non avrebbe senso cancellarla e rifarla da capo secondo i gusti di oggi.
E’ certo opera umana, come una poesia; non è stata scritta però non da un solo poeta per esprimere uno stato d’animo, ma da un’assemblea elettiva di 556 deputati, uomini e donne, che lavorarono insieme dal giugno 1944 al gennaio 1948, per dare solidi binari alla neonata Repubblica.
Una metafora può chiarire il senso di questa bellezza e di questa resistenza all’usura del tempo. Come dopo un violento temporale si vede talora l’arcobaleno, e l’aria tersa consente di vedere le montagne in lontananza, come se fossero vicinissime, così, dopo l’immensa tragedia della guerra, i sopravvissuti riuscirono a vedere e a scrivere le linee fondamentali di una società di liberi ed eguali, capace di vivere nel rispetto di certe fondamentali “regole”: regole utili a ispirare e a guidare il Paese, anche nel caso in cui nella vita quotidiana diventassero più fitte le nebbie delle incomprensioni e dei conflitti: proprio come oggi. Si è trattato di una scommessa, o meglio di una sfida che quella generazione ha lanciato al Paese, anche a nome e per conto delle future generazioni. Quella sfida era certo temeraria, ma si ebbe il coraggio di affrontarla.
I costituenti hanno creduto tutti insieme che fosse giunto il momento di interrompere, con un colpo d’ala, il circolo perverso che spesso ha portato le società dal caos alla dittatura. La Costituzione doveva rendere possibile il cambiamento per via democratica, ossia nella libertà, purché rispettosa di diritti e di regole. Credevano che tutti si sarebbero in qualche modo convinti della necessità di scegliere la più razionale fra queste due alternative: dialettica pluralistica, libertà regolata, democrazia, sviluppo solidale e pace, oppure caos, violenza, dittatura, ingiustizia e guerra. Mentre però un’opera d’arte non sopporta rifacimenti ed esaurisce la sua funzione nella fruizione estetica, la Costituzione è anche uno strumento di regolazione della vita dei singoli e di guida alle istituzioni. Come tutti gli strumenti, è passibile di qualche cambiamento, come del resto è accaduto più volte, con le procedure previste dall’art. 138. Nel referendum di autunno si vedrà se il popolo preferisce il testo ora vigente, ritornando a disfare la tela di Penelope, nella speranza di migliorarla nei prossimi anni, o se deciderà di adottare il nuovo testo varato in primavera dal Parlamento, pur con tutti i suoi limiti.
L’estate dovrebbe far maturare buoni frutti, con oneste informazioni. Speriamo che la scuola non dimentichi i compiti, richiesti dalla legge 169/2008, che prescrive l’apprendimento, nel primo e nel secondo ciclo, di “conoscenze e competenze relative a Cittadinanza e Costituzione”.
Luciano Corradini